Keynes vide che il darwinismo si inseriva perfettamente nella concezione dominante dell'epoca e che, non sapendo fornire un'idea alternativa dell'uomo a quella allora invalsa, contribuì ad alimentarla: una miscela di nichilismo e liberismo che deflagrò in una sciagura chiamata Novecento.
Per modificare la china presa dall'umanità è necessario ripensare la sua natura o, altrimenti, bisogna prendere atto che la sua natura consiste in una contraddizione insanabile: non volere essere così com'è, ma essere inevitabilmente tale. Come sarebbe codesta natura paradossale? Desiderosa di soddisfare illimitatamente qualsiasi desiderio e, assieme, desiderosa che gli altri desiderino diversamente. Certamente accade che talvolta ci troviamo a prendere in considerazione anche i desideri degli altri, ma come e in che misura questo avvenga – si ritiene – è dovuto al caso, all'accidentalità della nostra natura individuale, secondo il suo momentaneo insindacabile arbitrio.
« Se […] si volesse d'un tratto eliminare ogni costrizione e presentare ad essi [agli uomini] soltanto la ragione, il diritto, e l'equità, però contro il loro interesse, anche nel modo più chiaro e insistente, l'impotenza di queste forze puramente morali si manifesterebbe in ciò, che si avrebbe per lo più in risposta una risata di scherno. » (Sulla teoria del diritto e della politica, in Parerga e paralipomena, 1851)
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